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Onda di Sangue: il fantasy d’esordio di due autori lancianesi

Intervista a Martina Carminetti e Enrico Santodirocco

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Negli ultimi dieci anni, più o meno, quando all’interno del panorama librario italiano nell’istogramma delle vendite si è registrato un picco fuori dalla norma, lo si è dovuto per lo più a romanzi di genere fantasy. Il successo ottenuto da “Harry Potter”, nel 2007, e quello cui è arrivato “Twilight”, nel 2009, ne sono un esempio lampante. In Italia, ma non solo, il successo del fantasy è indiscusso, a partire da Tolkien (“Il Signore degli Anelli” ha spopolato dopo le riduzioni cinematografiche) fino ad arrivare ad autori contemporanei come Cassandra Clare e la saga di “Shadowhunters”, o Lisa Jane Smith con i suoi “Diario del Vampiro”, passando ovviamente per Christopher Paolini e la celeberrima Anne Rice. Citarli tutti è praticamente impossibile, ma nominarne alcuni è d’obbligo quando si sta per affrontare la genealogia e il messaggio, per l’appunto, di un romanzo fantasy come “Onda di Sangue” (Ciliegio, 2014).

Si tratta di un libro uscito da pochissimo (23 giugno scorso) e scritto a quattro mani da due autori lancianesi, uniti nella vita privata e nella nuova professione da scrittori, al loro esordio nel mondo delle pubblicazioni: Martina Carminetti ed Enrico Santodirocco. Entrambi hanno conseguito la maturità classica a cui hanno fatto seguito una laurea in Lettere Classiche per Martina e una in Legge per Enrico. Le curiosità sono molte soprattutto da quando abbiamo scoperto che il libro è nato per liberarsi di un dolore e rendere omaggio a una persona che è venuta a mancare improvvisamente, così abbiamo deciso di incontrarli e di porre loro qualche domanda.

Questo libro nasce dall’esigenza di condividere un lutto, la mancanza di una persona importante ovvero suo padre (di Martina Carminetti, ndr), però ne è venuto fuori un fantasy. Mi domando, potevate essere i Gramellini del domani (difficile non pensare alle splendide pagine autobiografiche di “Fai bei sogni” che raccontano il percorso per superare il dolore della perdita della madre) e invece ne è venuto fuori un fantasy. Come mai?
M.C.: L’esigenza primaria era mia. Ai tempi della scuola ho perso mio padre, in modo abbastanza tragico, e avevo questo bisogno di comunicare in qualche modo questo lutto, di rendere omaggio alla sua persona. Penso che sia comprensibile. Inizialmente, però, non c’era un progetto ben definito. Ne ho parlato con Enrico e abbiamo iniziato a creare una storia che però, senza che ce ne accorgessimo, è diventata fantasy. Non c’è un motivo particolare, però il fantasy ci ha dato la possibilità di creare un mondo totalmente nostro con delle leggi che fossero verosimili, però totalmente inventate da noi.
E.S.: … ha aiutato anche me perché non ho avuto la fortuna di conoscere il padre di Martina per cui quando mi veniva a chiedere aiuto, per concretizzare questo suo bisogno di sfogarsi,  non sapevo come aiutarla. Non volevamo scrivere un libro a scopi commerciali, però, più in là, quando mi rinnovò la richiesta, le ho detto: «Perché non scriviamo un fantasy?».
M.C.: Sì, è stato così! Poi la sua fantasia è straordinaria perciò la storia, a livello di trama, è quasi tutta opera sua. La cosa più straordinaria che devo dire è che piano piano il libro si è creato da solo, non ce ne siamo neanche accorti, praticamente.

E una volta che vi siete resi conto che ne veniva fuori un libro, avete deciso di pubblicarlo…
M.C.: Una volta che ha preso forma, ci piaceva e perciò abbiamo iniziato a pensarci seriamente.

È nato come hobby, nel senso che nella vita vi occupate di altro?
M.C.: Sono laureata in lettere classiche, Enrico invece ha fatto giurisprudenza. Siamo umanisti quantomeno, però non avevamo mai pensato di scrivere.

Avete pensato a un target di riferimento? A chi vorreste che arrivasse questo libro?
M.C.: Sicuramente non è un libro da ragazzini, è abbastanza impegnativo come testo, anche a causa delle riflessioni, dei temi e della violenza piuttosto estrema che vi si può trovare.
E.S.: È un fantasy adulto.

Che cosa volete che arrivi al lettore di voi?
M.C.: Questo libro è uno sfogo in tutto e per tutto, anche nella storia. Noi lo abbiamo definito catartico.
E.S.: Il fantasy è un genere di evasione, quindi noi vogliamo appassionare facendo anche riflettere il lettore.

L’esigenza di Martina Carminetti è chiara, mentre cosa rappresenta questo libro per Enrico Santodirocco?
E.S.: Io sono un sognatore così come lo è anche lei, quindi per me dare vita alla mia fantasia è il massimo.

Quindi Martina ha dato un’opportunità e avete costruito insieme …
M.C.: … e lui l’ha colta bene, questo è sicuro (ride)!

Del vostro vissuto, della vostra esperienza personale, della situazione che poi ha creato il libro, cosa si trova in “Onda di Sangue”?
M.C.: Tantissimo. C’è anche molta epica che è nei miei interessi da sempre e nei suoi da sempre, quindi si respira molto quest’aria di epos.
E.S.: I personaggi potrebbero essere le nostre aspirazioni, i nostri difetti, anche alle volte un semplice dialogo che ci è capitato di sentire nella quotidianità e che abbiamo pensato: «Su questo personaggio starebbe proprio benissimo!».

C’è anche un continente che è costruito proprio sul modello della classicità.
M.C.: Sì, il Regno di Atlas che richiama un po’ Atlantide nel nome.

C’è anche un regno orientaleggiante, però.
E.S.: Tora.
M.C.: Infatti anche la cultura orientale è tra le nostre passioni da sempre.

Come rientra in questo romanzo la cultura orientale?
E.S.: Soprattutto nel culto delle arti marziali. Il libro è ambientato su Marte, quindi abbiamo giocato anche sul nome “marziale”. Io ho praticato arti marziali quindi ho messo un po’ delle mie conoscenze passate e poi in generale anche nel modo di rappresentare alcuni personaggi ci siamo ispirati alla cultura manga di cui noi siamo grandi appassionati.

Il romanzo è incentrato proprio su un combattimento in un’arena.
M.C.: Sì, i protagonisti della storia devono aspirare a diventare re di questi regni e possono ottenere il titolo reale combattendo in un’arena che si chiama Gabbia e che è al centro del mondo.
E.S.: È una società meritocratica basata sul combattimento e sulla forza.

Ci sono molta rabbia, vendetta, molti sentimenti negativi. Abbiamo a che fare con eroi negativi?
E.S.: Assolutamente, anzi eroi è una parola grossa. Sono più antieroi.
M.C.: Non c’è la divisione tra bene e male netta che si può trovare in alcuni fantasy alla Tolkien. Molti eroi hanno un relativismo nel loro carattere perché non sono né buoni né cattivi, a seconda della situazione si comportano in un determinato modo. Questo è il nostro modo di vedere le cose. Non ho mai pensato che ci fosse il Bene e il Male.

Insomma un grigio?
E.S.: Esatto. C’è una predominanza di colori grigi.
M.C.: Molto spesso sono le scelte che ci fanno determinate persone, non è naturale essere buoni o cattivi e questo è un po’ il messaggio.

Gli appassionati di fantasy sono ovunque, ma, anche per chi non è appassionato di fantasy può essere una lettura piacevole?
M.C.: Sì, non è propriamente un fantasy nel senso classico del termine, alla Tolkien. È abbastanza originale.

In Tolkien poi c’è il male radicale e il bene radicale, quindi non ci sono sfumature grigie.
M.C.: Già, in questo siamo abbastanza distanti.
E.S.: Forse l’unico personaggio in Tolkien che è un po’ grigio è Gollum, che poi è il capolavoro di Tolkien.

È l’unico che ha il libero arbitrio.
E.S.: Sì.
M.C.: Il tema del libero arbitrio è importante, perché i nostri personaggi hanno sempre davanti delle scelte e queste scelte, poi, cambiano la loro vita, quindi è importante quello che scelgono.

Quindi non c’è la logica classica, greca in particolare, per cui le colpe dei padri ricadono sui figli?
M.C. ed E.S.: Ni!(ridono)

State lavorando a un seguito, avete deciso che la storia non è conclusa?
E.S.: La storia di “Onda di sangue” è autoconclusiva però proseguirà perché l’abbiamo immaginata come una tetralogia.
M.C.: E alla fine la tetralogia avrà una linea e un messaggio finale che percorrerà tutti e quattro i libri, però in questo primo volume non si respirerà molto questo messaggio.

C’è la presenza del padre di Martina nel romanzo, anche non come personaggio, come idea per esempio?
M.C.: Sarebbe più corretto dire che c’è la presenza del “padre” nel senso di “figura paterna” che incide su tutti i personaggi. E poi ci sono dei caratteri di alcuni personaggi che richiamano mio padre.

Quindi si può presagire che i capitoli di questa saga possano essere una sorta di liberazione dal “padre”. Una liberazione progressiva per cui adesso il “padre” influenza un po’ tutto il libro e poi magari…
M.C.: Diciamo che ci distaccheremo da questo modello. Nel secondo romanzo della saga ci sarà un’altra storia. Ora siamo curiosi di sapere cosa ne pensano i lettori.

Avete avuto difficoltà nello scrivere? O vi è venuto naturalmente?
E.S.: Be’, considerando che è la nostra prima esperienza è andata anche troppo bene.
M.C.: Sì, è andata bene. Considerando che eravamo in due… mettere insieme due teste come noi!

E il rapporto con la casa editrice? Vi hanno incanalato da qualche parte o vi hanno lasciato liberi?
M.C.: Totalmente liberi.
E.S.: Erano molto presenti, nel senso che loro rispondevano a ogni dubbio, a differenza di altre case editrici.

Come avete fatto? Avete spedito il manoscritto?
E.S.: Sì, abbiamo spedito il manoscritto. Dovevamo inviare prima dei capitoli, poi, se era di loro interesse, inviavamo il resto.
M.C.: Loro ci hanno contattato dicendo che il nostro romanzo sarebbe stato valutato da delle commissioni in due giudizi. Dopo aver passato il doppio giudizio ci hanno detto che volevano pubblicarlo e ci hanno fatto fare un po’ un lavoro di editing che è durato quasi un anno. Abbiamo dovuto rileggere insieme all’editor il romanzo almeno sei volte.

E ne è uscito un libro un po’ più normalizzato oppure è rimasto fondamentalmente lo stesso?
M.C.: È migliorato devo dire, è diventato più scorrevole.
E.S.: Non lo ha stravolto. E poi noi eravamo protettivi (ride)!
M.C.: Già, è anche vero che noi siamo stati attenti a mantenere ciò che ritenevamo giusto. In fondo è normale proteggere la propria opera, poi l’editor non è stato violento. Noi, fin dove potevamo, abbiamo mantenuto

Avete un circuito nazionale di distribuzione?
E.S.: Il libro ha diversi distributori. Per Marche, Abruzzo e Molise è Editoriale s.r.l.

A Roma andrà sicuramente entro dicembre prossimo perché la casa editrice Il Ciliegio partecipa sempre alla Fiera della Piccola e Media Editoria, giusto?
M.C.: Sì, partecipa alle fiere … diciamo che è abbastanza attiva. Poi è una casa editrice free quindi per noi è stata una grande soddisfazione questa: non ci ha chiesto neanche un contributo, nulla e ne siamo stati contenti.
E.S.: Su Internet aggiorneremo costantemente il sito (www.ondadisangue.it) con personaggi nuovi disegnati da noi.
M.C.: Abbiamo creato la galleria di tutti i personaggi, i luoghi…

Infatti i disegni sono vostri, come la grafica, giusto?
M.C.: Sì. Abbiamo fatto anche il sito.
E.S.: Siamo anche grafici.

E questo in qualche modo vi ha aiutato ad immaginare i personaggi anche visivamente?
M.C.: Certo. Noi siamo abbastanza visivi e avere davanti l’immagine del personaggio disegnato ci aiuta sempre.

Adesso la domanda clou: cosa vi aspettate da Lanciano, dalla vostra città, per questo libro?
M.C.: Appoggio.
E.S.: Sostegno.

Volete dare una curiosità ai lettori?
M.C.: Io direi che, leggendo il libro, bisognerebbe chiedersi chi è Dorea e cioè la protagonista. Che poi è la ragazza in copertina.

 

Non resta che augurare una buona lettura.

 

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