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Con il taccuino a Santo Stefano di Sessanio

Ci sono luoghi che non puoi fare a meno di visitare, almeno una volta nella vita.

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Per la mia inclinazione a guardare con curiosità al passato e quindi alla storia uno di questi è senz'altro Santo Stefano di Sessanio in provincia dell'Aquila.

Insieme alla vicina Rocca Calascio rappresenta, per me, l'immagine viva della nostra cultura e delle profonde radici che ci legano al mondo agro-pastorale abruzzese.
Dico viva perché questi non sono luoghi abbandonati (come i numerosi borghi della provincia di Teramo) ma vissuti da un nuovo turismo che ha come obbiettivo il "rivivere" spazi che il lavoro dell'uomo ha difeso da quello del tempo, che inesorabilmente tende a distruggere. Nel caso di Santo Stefano l'intuizione imprenditoriale di un uomo venuto dal nord europa ha riportato l'attenzione su questi borghi, che possiedono tutte le caratteristiche di offrire l'occasione per perdersi nel tempo che si ferma: la ricerca di un luogo che ci allontana dalla quotidianità fatta di appuntamenti-impegni-orari ha trovato in questi luoghi il suo punto di arrivo.

Io ci sono stato di ritorno da Rocca Calascio, luogo ormai divenuto il simbolo abruzzese nel mondo quando si parla di castelli e fortificazioni italiane. La Rocca mi ha impressionato e condivido il giudizio dato da una nota rivista che la definisce uno dei castelli più belli di sempre. Ma l'attigua Chiesa di Santa Maria della Pietà per me ha un fascino tutto suo: la sua austerità arricchita dalle decorazioni in pietra delle finestre e del portale; la sua pianta ottagonale semplice ma ricca di richiami esoterici e religiosi; la sua posizione all'inizio (o alla fine) del cammino che porta verso le montagne vicine.

All'epoca a Santo Stefano il terremoto doveva ancora arrivare: dalla Torre Medicea ho potuto vedere il panorama oltre i tetti delle case intorno, da lassù l'aria era dolce e fresca; nelle sue strette vie il profumo dei fori sui balconi e alle finestre riempivano l'aria; le pietre delle case, i fregi dei palazzi e le antiche scale fuori mi offrivano spunti unici per i miei disegni.

Ora non più. Qualcosa è cambiato. La ferita - anche se a fatica si sta rimarginando -  lascerà sempre la sua impronta nei nostri animi; troppo grande è stato il dolore nel vedere simboli che per secoli hanno sfidato il tempo e vinto sulle guerre fra gli uomini cadere per l'incuria da parte di chi doveva proteggerli.

Continueremo a visitarli questi borghi, ma lo faremo con la consapevolezza che anche se sono fatti di pietra sono in realtà fragili e bisognosi di cure e attenzioni per mantenerli vivi perché è nel passato che troveremo sempre la guida per il nostro futuro.

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