“Ebbene, all’avvocato Manin Baracca io, Rosario Chiàrchiaro, io stesso sono andato a fornire le prove del fatto: cioè, che non solo mi ero accorto da più d’un anno che tutti, vedendomi passare, facevano le corna, ma le prove anche, prove documentate e testimonianze irrepetibili dei fatti spaventosi su cui è edificata incrollabilmente, incrollabilmente, capisce, signor giudice? La mia fama di jettatore!
Voi? Dal Baracca?
Sissignore, io.”
Questo breve estrapolato tratto dall’opera “La Patente” di Luigi Pirandello nasconde una singolare vicenda che trae origine proprio a Lanciano, e molti di voi probabilmente si domanderanno il perché. A sottoporre questa curiosità e nel contempo a dare una risposta sono Rocco e Francesco Carabba, i tris nipoti del “Principe” dell’editoria, Rocco Carabba, i quali raccontano questa storia, inedita ai più. Pirandello pubblicò con Carabba il saggio “L’Umorismo”(1908) e subito dopo, sempre con lo stesso, strinse un contratto di edizione che legava dunque l’autore alla casa editrice per le successive dieci novelle, specificando che fossero però rivolte ai ragazzi. A questo punto nacque un dissidio fra i due poiché il talentuoso scrittore siciliano non aveva intenzione di destinare quei suoi scritti ad un pubblico giovane e dall’altra parte Carabba non cedeva la presa. La disputa proseguì, anche per l’anticipo sulle opere che l’editore era solito versare all’autore e di cui dunque, pretendeva la restituzione non avendo ottenuto quel che desiderava. Il conflitto non si placò ed anzi assunse contorni più tragi-comici. Lo scrittore, esasperato, per corrispondenza epistolare, rivolse all’intrepido Carabba una colorita ingiuria, che iniziava pressappoco così
“Vedo chiaramente che lei capisce di letteratura quanto può capirne un cerinajo che va vendendo per istrada le sue scatole di fiammiferi- “. C’è da dire che a quel tempo Lanciano era ancora sede di Corte D’Assise D’Appello (Via dei Tribunali), cosicché l’ardito editore, offeso da quell’irriverente esclamazione, citò in giudizio Pirandello. Quest’ultimo, la cui presenza in città non sarebbe stata del tutto nuova all’epoca, dato che rivestì anche il ruolo di presidente di commissione d’esame, perse la causa e successivamente vi trasse una delle sue più note opere, “La Patente” appunto, lasciando che lo sfortunato episodio autobiografico plasmasse la sua carta. Nonostante tutto, da lancianesi, oggi verrebbe quasi imprudentemente da dire al celebre scrittore, citando lo stesso in modo improprio : “Pirandello, così è, (se vi pare)!”.
Quest’indiscrezione, così carica di storia, di letteratura e di, passatemi il termine, “frentanità” evidentemente si inserisce e mostra un quadro storico-culturale più ampio, che vede la Lanciano dei primi del novecento protagonista anche di un dibattito filosofico-letterario, materializzato nella collana, edita da Carabba, “Cultura dell’anima” , alla quale lo scrittore fiorentino Giovanni Papini, senza troppe premure, aveva affidato un nuovo ed alternativo programma culturale in antitesi con la strutturata “filosofia di regime” ,incarnata da personaggi di spessore come Benedetto Croce. Lanciano così diventa un insolito palcoscenico letterario e la Corona di Ferro, all’epoca una pensione, ospitò personaggi del calibro di Salvatore di Giacomo e chissà, forse lo stesso Pirandello.
A delineare la figura di Rocco Carabba ci pensano i suoi libri, le sue stampe, che sottolineano certamente anche una spiccata lungimiranza come quando pubblicò in seconda edizione, ma in integrale, la raccolta “Primo Vere” del futuro Vate, D’Annunzio, il quale regalando maggior eco alla casa editrice frentana, fu autore (probabilmente, ma non ne abbiamo la certezza) di un bizzarro equivoco che lo volle morto poco prima che uscisse “Primo Vere”, una trovata pubblicitaria sulle corde dell’eclettico personaggio.
Carabba, partendo come apprendista presso la tipografia Masciangelo, finì con il costruire un impero con le sue sole mani e con la sua determinazione, un impero che purtroppo ebbe fine con la guerra ma che, come ricordano Francesco e Rocco, “diede grande respiro a moltissime famiglie lancianesi, impiegate nell’officina e che mostrò anche un Carabba precursore, creatore ,possiamo a ragion dire, delle prime forme di stage formativo, infatti cercava la collaborazione, per molte delle sue copertine, di giovanissimi studenti delle scuole lancianesi”.
Ad oggi, di questo glorioso passato, rimane una piccola casa editrice che continua però, seppur ridotta nelle dimensioni, a pubblicare dei classici ma la fama e la risonanza del terzo colosso editoriale italiano dell’epoca è rintracciabile, oggi, non solo su quei libri da cui tutto è partito, ma ci auguriamo continui a vivere nell’orgoglio di ogni lancianese.