Quando lavoravo in negozio e passava qualche turista con la vescica piena a caccia di water, l'indicazione che fornivo per istinto era la seguente: «Vede la torre in fondo alla strada? Arrivi lì: sotto ci sono i bagni pubblici». La “torre” forniva a me e all'avventore bisognoso un efficace point de repère: “torre”, bagni pubblici; “torre” uguale cessi. Il turista percorreva per intero via Monte Maiella ed eseguiva le mie indicazioni, espletava le impellenti funzioni fisiologiche del caso e spesso tornava a ringraziare, e a ristorarsi a birra e pizzette. La “torre” era lì, spiccava fra gli edifici circostanti; accogliente e insieme discreta chiamava a sé: «Turista, ti scappa la pipì? Per di qua...».
Bene. Sappiate che quella “torre” lì non è una torre. La “torre” in questione, ho poi imparato riservandole uno sguardo più accorto, è un faro – di quelli che si illuminano di notte e indicano la via alle imbarcazioni sul mare. E ho anche imparato che sotto il Faro non c'è un pisciatoio – o per lo meno non in senso letterale – ma c'era, e c'è ancora, il progetto di un architetto e teorico dell'architettura lombardo di fama mondiale dello scorso secolo di nome Aldo Rossi.
Un faro che insolitamente si illumina su tetti e strade distratte da struscio e aperitivo vespertino costituisce una dissonanza critica oltre che architettonica, che apre sul contesto urbano un punto di vista nuovo, un'epifania che rivela possibilità e percorsi inusuali. Il Faro non si illumina per sé; il Faro stende e tende un'àncora e un ancòra alternativo, un salvagente; riporta alla superficie ciò che si nasconde nel buio transitorio della notte o dell'occhio sbadato. Lo fa senza imporsi, non è mica la sirena dei pompieri che si ficca a forza nelle orecchie. Il Faro è gentile, come la fornaia ignorante che indica la via per i cessi pubblici al turista mangiapizzette.
Dal 1° al 16 settembre il Faro di Aldo Rossi e i suoi immediati dintorni ospitano “Kaleidoskopica”, la mostra di “Belle Immagini Artistiche” di Federico Comelli Ferrari. Federico è un giovane fotografo bresciano; ha gli occhi chiari e la barba scura, e nei suoi lavori reinterpreta le superfici architettoniche metropolitane per mezzo del colore e della luce in purezza, scomposta per rifrazione nelle tonalità intense degli abiti geometrici che rivestono a nuovo gli spazi urbani. In sostanza Federico applica all'obiettivo fotografico e al pannello in metacrilato in cui si sostanzia la sua opera l'esperienza decostruttiva. Decostruire significa porre domande, piuttosto che fornire risposte assolute a questioni che si aprono a soluzioni in divenire, in evoluzione.
Il “Rinascimento del Faro” è la manifestazione culturale curata da Raffaella Tenaglia all'interno della quale è inserito “Kaleidoskopica”, e restituisce al Faro di Aldo Rossi e ai dintorni su cui si riversa la luce della stessa costruzione la loro originaria archetipale dignità gnoseologica, oltre che strettamente artistica. Il “Rinascimento del Faro” è una rassegna multidisciplinare - che si allarga a comprendere anche letteratura (presentazione del libro di Gianluca Morozzi “Chi non muore”, mercolerdì 5 settembre ore 19:00; letture di Beppe Borea dal libro di Federico Cervigni “Diario di un insonne”, mercoledì 12 ore 21:00), musica (Andrea Mirò e Modojohn, sabato 8 settembre ore 21:00), teatro (Ombre Cinesi a cura de “La Compagnia del Monello” di Maurizio di Marco, sabato 15 ore 21:00), arti performative (“Aperimimo” – aperitivo con artisti di strada a cura di Nicola Liberato, domenica 16 ore 19:00); ma aldilà del fatto culturale rappresenta per la Lanciano più sbadata e impigrita la riscoperta di risorse vitali valide oltre il limite triviale della costruzione fisica.
Un'occasione importante per ri-acquistare consapevolezza del prezioso potenziale – spesso trascurato per indolenza intellettuale – di ciò che ci circonda.