LANCIANO - “La carità è giustizia o la giustizia è carità?”, con questo semplice ma sostanziale quesito si è aperto ieri, 3 febbraio, a Lanciano, presso l’officina storica della Sangritana, il convegno indetto dalla Caritas della diocesi di Lanciano-Ortona, al quale hanno preso parte, nella funzione di moderatore, il diirettore della Caritas Diocesana Luigi Cuonzo, mons. Emidio Cipollone arcivescovo della Diocesi Lanciano-Ortona, e nel ruolo di relatori Francesco Menditto, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lanciano e don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera.
Dopo i dovuti ringraziamenti e saluti, l’incontro si è aperto introducendo l’obiettivo che ha ispirato il tema e la scelta dei relatori. Promuovere dunque tempo e spazio per la riflessione. Così ha esordito Luigi Cuonzo, spiegando lo spirito con il quale la Caritas ha promosso il progetto socio cultural “I giorni dell’otium”, intercettare cioè l’ingiustizia sociale ed offrire accoglienza a chi ne ha bisogno attraverso riflessioni finalizzate al dialogo e all’incontro.
“Non è stata casuale nell’organizzazione la scelta dell’officina Sangritana - ha spiegato Cuonzo - perché rappresenta per la nostra città la metafora dell’andare quotidiano, un cammino però che non può né deve dimenticare, nel suo percorso, la carità”. Ma cos’è la carità? “La carità non è altro che una virtù teologale, imprescindibile da un’altra virtù, questa volta cardinale, la giustizia” sono state le parole di don Antonio Di Lorenzo, vicario generale della nostra diocesi. Entrambe concorrono al bene comune ed entrambe accompagnano il lavoro e la vocazione di due uomini, l’uno di giustizia e l’altro di fede, rispettivamente Menditto e don Ciotti.
L’intervento del procuratore ha sottolineato quanto oggi ci si trovi tristemente a fare i conti con situazioni di estrema povertà che si traducono in crimini di piccole e grandi dimensioni. “Soprattutto in questo momento di difficoltà - ha proseguito Menditto - arriva forte e a gran voce la richiesta di giustizia, una giustizia che però non deve essere formale ma sostanziale in quanto non tutti abbiamo le medesime possibilità e bisogna tener conto delle diversità. Proprio come ci chiede la stessa Costituzione, nostro faro dell’agire”.
Al termine del suo intervento Menditto, parlando del territorio di Lanciano, ne ha evidenziato la sua condizione sana, salubre e ancora fortunatamente pulita senza tralasciare però la soddisfazione per un bene, nel 2011, sequestrato all’illegalità e che oggi, finalmente, potrà essere restituito alla legalità ed usato per fini sociali. In chiusura l’auspicio del procuratore, al quale si unirà infine anche quello di Luigi Cuonzo, è quello di trovare il 21 marzo a Bologna, nel giorno della memoria che l’associazione Libera celebra ogni anno, anche uno striscione da Lanciano.
Ultimo, in ordine di intervento, ma di sicuro non per importanza, don Luigi Ciotti. “Non sono un prete di strada, o il prete che lotta contro la droga - ha esordito don Ciotti - i preti sono tutti preti. Non mi piacciono queste etichette e ne ho molta, molta paura”.
Un anno importante questo per don Ciotti che festeggia tante ricorrenze, i suoi 70 anni, i 50 anni del gruppo Abele di cui è fondatore e i 20 anni di Libera. Anniversari che vanno a coincidere con i 500 anni della nostra diocesi Lanciano-Ortona. Don Luigi venne ordinato sacerdote nel 1972 da Padre Michele Pellegrino, un uomo di grande spessore che gli affidò la parrocchia della strada, una parrocchia difficile, come tutte del resto tiene ad evidenziare Don Luigi, per l’arduo compito di “saldare terra e cielo”.
Tanti gli episodi raccontati durante il convegno e le persone che hanno incrociato la vita di questo prete un po’ fuori dagli schemi. “La mia parrocchia è la strada - ha detto ancora il fondatore di Libera - e sono felice di essere stato mandato a riconoscere il volto di Dio tra coloro che fanno più fatica”.
“Io mi sento piccolo piccolo piccolo di fronte alla ingiustizie della vita - ha detto ancora don Ciotti con un tono di voce che, da grave, si è fatto a poco a poco, minimo - e di fronte a queste complessità, si riesce a vincere solo insieme, non certamente da navigatori solitari”.
“E’ nostro dovere impegnare la nostra libertà per chi libero non è - ha concluso don Ciotti - è la stessa povertà che rende schiavi oggi, e non possiamo permetterlo. Non possiamo chiedere conto solo ai politici, la prima riforma da fare è un’autoriforma, in cui ciascuno di noi faccia la propria parte per risanare i mali della società”.
Il suo intervento, interessante e toccante, si è concluso con un invito rivolto ai giovani, speranza per questo Paese. L’invito allo studio, alla conoscenza e all’educazione che non deve manifestarsi solo nelle famiglie o nelle scuole ma che deve insediarsi in tutte le componenti della città, maturando così “una città educativa che combatta il male”.
Un’esortazione al coraggio, alla verità e alla responsabilità affinché il quesito posto all’inizio possa essere risolto in un semplice accostamento di parole: giustizia e carità, carità e giustizia.