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Il fico secco reale di Atessa, da tradizione a presidio Slow Food

Riscoprire, valorizzare e guardare al futuro, conservando la storia dei prodotti del territorio

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ATESSA - Ci sono storie che partono da lontano e che hanno caratterizzato un’intera comunità, ad Atessa si parla da sempre de “Li Caracine” i fichi secchi, un frutto ma anche una tradizione in cui si racchiude un’identità, e da cui non a caso si è diffuso il soprannome di “squacciafichere” per i suoi abitanti.

Per chi ha vissuto i luoghi nel racconto e nelle testimonianze tramandate, riscoprire l'essiccatura che è stata alla base dell’economia locale anche come merce di scambio, è come ritornare alle radici della terra, ed è da questo che è nata la voglia di alcuni curiosi delle tradizioni di riscoprire una pratica ancora viva nelle memorie casalinghe, ma che approda fino in epoca romana, come testimoniato dal rinvenimento di un reperto di fico secco negli scavi archeologici di Acquachiara nel territorio di Atessa.

È piacevole sentire il racconto del passato, ma lo è ancora di più se c’è la passione di chi ha voluto riportare in vita un tassello della cultura atessana, di grande importanza per l’economia e per il territorio nel corso dei secoli di storia, tanto che Roberto d’Angiò già nel 1320 impose una tassa sui fichi prodotti e commercializzati in mare. 

E perché non farlo a partire dalle testimonianze che parlano della coltivazione del fico ad Atessa, quello autoctono reale a polpa bianca o a polpa rossa, speciale per l’essiccazione, quella realizzata secondo un metodo ben preciso, dal raccolto al taglio e all’essiccatura, su delle piccole canne di cui qualcuno ne ha ancora memoria, e farcito poi con una noce all’interno.

“Avidamente sono questi ricercati e si vendono a carissimo prezzo per le grandi commissioni che si ricevono” scriveva il frate Tommaso Bartoletti nel 1805, riportare in vita le tradizioni fa bene al cuore e alla storia che ci appartiene, così come la tenacia di alcuni appassionati e di un gruppo di sei produttori sul territorio, Roberta Del Vecchio, Sergio Silvestri, Marco Rossi, Lucia di Cintio, Concezio Candeloro e Evandro Serafini che, riuniti in un’associazione per conservarne l’unicità e la tipicità, hanno ripreso così la coltivazione biologica e biodinamica, oltre che l’essiccazione come una volta, caratteristiche tipiche che hanno portato il Fico Secco Reale di Atessa ad essere annoverato tra i presidi della condotta Slow Food in Abruzzo come piccola produzione autentica.

Mettersi in gioco è la sfida più dura, farlo con le tradizioni forse lo è molto di più, ma sono sfide che qualcuno ha accolto con molto entusiasmo, sostenendo con forza la validità di una tradizione e l’incidenza che possa avere ancora sul paese, il fico secco reale di Atessa è diventato così il simbolo dell’identità ma anche una promessa per il futuro.

"La speranza è, non solo quella di migliorare ed incrementare la produzione, oltre a tutto ciò che ad essa è legato - scrive Vincenzo Menna promotore, curatore del progetto e referente dei produttori - ma anche di trovare sempre più amici disposti ad investire un po’ di passione nella riscoperta del frutto del fico. Oggi possiamo dire che siamo orgogliosi di essere “Squacciafichere” .

  

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