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Lungo la via del Tratturo Magno

Si è rinnovata anche quest'anno la transumanza del Tratturo Magno

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Accompagnati e scortati da un timido sole autunnale i camminanti del famoso Tracturo 3000, giunto alla sua nona edizione, sono arrivati, con giustificato ritardo, nella nostra zona, unici protagonisti della strada principale di Arielli ho incrociato così ieri il loro lungo percorso, alle tre di pomeriggio prima della sosta per il pranzo. 

Sono in otto, tra uomini e donne, bastone in mano e stanchezza sul viso ma non appena mi avvicino per conoscerli meglio mi accolgono con sorriso ed è Agostino che inizia a raccontarmi le prime impressioni su questo tratto iniziale che dalle vette aquilane li ha condotti, seguendo il percorso dell’antico Tratturo Magno, sulle nostre verdi colline “siamo partiti martedì alle 09:00 dalla basilica di Colle Maggio, all’Aquila, eravamo in cinque” esordisce con fierezza e prosegue mentre i suoi compagni arrivano e ci raggiungono uno alla volta “ fino ad ora è andato tutto bene, la cosa che mi sorprende è la cordialità e l’accoglienza che ci riservano le persone, sempre pronte ad offrirti una bottiglietta d’acqua o qualcosa da mangiare”.
È l’Abruzzo forte e gentile quello che ci descrive Agostino, il quale inoltre ha in cantiere, con la sua officina dell’immagine, un reportage fotografico a cui lavora ormai da molto tempo e che descriverà, con la potenza delle immagini, questo lungo e folkoristico cammino che terminerà a Foggia, dove in passato i pastori conducevano le greggi cercando temperature meno rigide.

L’iniziativa di Tracturo 3000 è nata nel 2007 quando Pierluigi Imperiale, medico veterinario della ASL dell’Aquila, spinto dalla sua forte passione per gli animali e per la tradizione ha pensato di organizzare qualcosa a favore della pastorizia ed in ricordo quindi della transumanza” ci spiega Gianluca, altro coraggioso camminante, e mentre parlo con loro a due passi dal ristoro previsto, li seguo, aggiungendomi al piccolo gruppo, camminando però solo qualche metro, il tempo di arrivare in un cortile ampio di un  B&B, dal quale spunta fuori una signora che li avvisa in lontananza che la pasta sarebbe stata pronta di li a poco.

“Ora ti racconto questo aneddoto” riprende Agostino, “ l’anno scorso eravamo arrivati ad Arielli, senz’acqua e senza cibo, esausti, ma in paese era tutto chiuso, così provai a suonare al citofono di quest’appartamento e rispose la signora Anastasia domandandomi – giovanò, ca sucess?- e dopo averle spiegato chi fossimo e quanti fossimo, la signora ha messo a bollire l’acqua e ci ha fatto un’ottima pasta al sugo, da quel momento il B&B è diventato il nostro ristoro di riferimento”.

Infine divertiti dalle espressioni gergali che ogni volta, mi confidano, la gente riserva loro non appena spiegano chi siano e cosa facciano, tipiche locuzioni locali come ad esempio: “Ma che è na parol!” che ammetto di aver pensato anche io, mi salutano, ormai già del tutto travolti dal profumo di pasta al sugo che li attende a tavola ed è così che termina il nostro fugace incontro, qualche passo percorso assieme, otto persone alle quali si uniranno ancora tante altre in cammino che di strada da fare ne hanno ancora tanta davanti ma che con sorriso e determinazione ripercorrono i passi dei nostri nonni e bisnonni incoraggiati da quell’antica ospitalità, eredità di una storia molto antica.

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