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Regione Abruzzo, sì all’utilizzo di farmaci a base di cannabinoidi

Firmato il decreto che disciplina i casi di utilizzo e le modalità di prescrizione

Redazione
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Un passo in avanti nella definizione dell’uso dei medicinali a base di cannabiniodi anche nella Regione Abruzzo, è stato da poco firmato il decreto commissariale per l’erogazione dei farmaci a scopo terapeutico con le indicazioni sulle modalità e sulla possibilità di prescrizione, e quindi rimborso dal Sistema Sanitario Regionale.

Nel documento viene specificato che i medicinali possono essere prescritti nei casi di riduzione del dolore associato a spasticità con resistenza alle terapie convenzionali, per malattie come la sclerosi multipla, o per lesioni del midollo spinale, ma anche per riduzione del dolore cronico, con particolare riferimento al dolore neurogeno e con esclusione del dolore nella fibromialgia, in pazienti con resistenza ai trattamenti convenzionali o riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette, che non può essere ottenuta con trattamenti standard.

I trattamenti dovranno essere prescritti esclusivamente dagli specialisti che operano nei Centri per la sclerosi multipla o nelle unità operative di neurologia, terapia del dolore e cure palliative delle Asl regionali, con una ricetta rinnovabile e per un quantitativo massimo necessario a coprire una terapia di 30 giorni.

Al medico spetta il monitoraggio degli effetti sulla terapia e la trasmissione dei dati per ogni paziente al Servizio Farmaceutico della Asl di riferimento, che provvederà ad inoltrare il resoconto e le informazioni scientifiche all’Istituto Superiore di Sanità per approfondire le possibilità di cure per i casi finora trattati con la medicina tradizionale.

"L'introduzione di questa possibilità anche in Abruzzo ci consentirà di agire su un fronte duplice – il commento dell’Assessore regionale Silvio Paolucci - rispondere alle richieste dei nostri concittadini che già si sottopongono a questo tipo di terapie, ma che finora sono stati costretti a rivolgersi in strutture fuori regione e spesso private. Dall'altra parte ci permetterà di essere parte attiva negli studi scientifici sull'utilizzo dei cannabinoidi, per il quale la casistica è ancora troppo limitata, tanto che i risultati non possono essere conclusivi, in quanto mancano i dati definitivi sul reale rischio/beneficio derivanti da questa tipologia di cure".

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