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Un lancianese nell'operazione Mare Nostrum: "le persone in mare vanno soccorse, sempre"

L'esperienza del dott. Emidio Rosati impegnato due volte in mare, e oggi responsabile della gestione dei flussi migratori per la Asl Lanciano Chieti Vasto.

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LANCIANO - Quando un barcone viene segnalato, ci si avvicina piano piano, gli uomini del Battaglione San Marco, con un gommone scendono giù e vanno verso di loro e si aspetta che tornino su con le centinaia di migranti pescati in mare.

Ed è qui che iniziava il lavoro del dottor Emidio Rosati, che prima di assumere l’incarico di referente per la Asl Lanciano Chieti Vasto per la gestione dei flussi migratori, per ben due volte si è trovato su queste grandi navi militari, nell’operazione Mare Nostrum, a fornire il suo servizio medico ai tanti disperati, uomini, donne e bambini, che ogni giorno tentano la traversata dell’Adriatico in cerca di quella fortuna, speranza, pace, che nei loro paesi non hanno.

“Ho partecipato a due missioni - ci ha raccontato il dottor Rosati - nell’agosto del 2014 e poi, sei mesi dopo, a gennaio 2015. E sono senza dubbio esperienze che, a differenza della tv, ti aiutano a vedere il fenomeno attraverso mille sfaccettature diverse e forse a capirlo un po’ meglio”.
Sì, perché trovarsi faccia con faccia con i 1373 migranti, tanti quanti ne ha salvati la sua missione nell’estate 2014, non è come guardarli nei tg dal divano di casa, ma è un duro e concreto scontro con la realtà.

“Sulla nave sale chiunque - ha proseguito il suo racconto Rosati - ragazzi tra i 20 e i 30 anni alti e muscolosi, e la paura di non sapere chi siano e quali intenzioni abbiano c’è. Ma anche donne, tante donne, con tanti bambini che hanno degli occhi che ti restano dentro”. E per ogni giorno di freddo e mare increspato in inverno o di sole cocente in agosto, poi ci sono loro, i piccoli migranti. “I bambini sono bambini in tutto il mondo - ha commentato il dottore - e con una confezione di biscotti, oppure gonfiando un guanto in lattice facendolo diventare un palloncino improvvisato, per un momento si dimentica quasi di essere dove invece si è”.

Ma ricorda vividamente anche la volta in cui è salito su un barcone per recuperare una salma. “Sarà stato lungo circa 15 metri - ci ha descritto - ma a bordo erano state stipate circa 400 persone. Un luogo sporco, arrugginito, vecchio. Un autentico girone infernale”.

Un’operazione difficile, sempre a cavallo tra la vita, la malattia e la morte, in cui sguardi pieni di gratitudine riempiono il cuore, ma non possono bastare.

“Quando ti trovi lì, in mare aperto, - ha sottolineato il dottor Emidio Rosati - non c’è ideologia politica che tenga: in mare le persone vanno soccorse, sempre. Non c’è altra visione della cosa. Ma per quanto riguarda il post arrivo il problema è ancora più serio. La realtà è che l’Italia non sa governare queste masse - è il commento di Rosati - servirebbe un metodo di gestione ed accoglienza diverso e più efficiente che permetta soluzioni più rapide e sicure per tutti, ma ad oggi sembra ancora un’utopia”.

Oggi il dottor Rosati è il responsabile della gestione dei flussi migratori per la Asl Lanciano Chieti Vasto e si occupa delle prime visite dei migranti che arrivano nei 14 centri di accoglienza della provincia di Chieti, che ad oggi sono circa 500.

“Nelle nostre strutture i ragazzi stanno complessivamente bene - ha concluso Rosati - ma siamo sicuri sia questa la soluzione? Farli stare qui senza avere nulla da fare e in attesa di non si sa cosa? La vera integrazione, a mio parare, vuol dire essere in grado di garantire un futuro e non generare una fabbrica di illusioni, ciò che forse oggi stiamo contribuendo a fare”.

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