LANCIANO - George Bernard Shaw, drammaturgo e scrittore irlandese, diceva che “gli specchi si usano per guardarsi il viso e, l’arte per guardarsi l’anima”. Se è vero poi che l’arte, grazie alla sua essenza e con la bellezza che spesso incarna, diventa immortale, è facile capire come, anche a distanza di tanti anni, l’animo umano ed artistico di Vito Pancella sia ancora fortemente presente non solo nei ricordi dei suoi cari, ma anche di tutte quelle persone che nel tempo hanno conosciuto ed apprezzato il suo modo di fare arte.
Ieri sera, a dieci anni di distanza dalla scomparsa del maestro, grazie alla sensibilità della famiglia e all’interessamento della delegazione FAI di Lanciano, è stato possibile aprire le porte di quell’autentico scrigno di meraviglia che è il suo studio, ubicato presso la casa dell’artista a Treglio. Erika Pilar, figlia del maestro Pancella, ha creduto fortemente in questa preziosa opportunità affinché “l’incanto di queste opere non resti chiuso tra le pareti dello studio ma, possa continuare ad ispirare e stupire tutti quelli che ci si avvicineranno”.
Tre relatori d’eccezione come Domenico Del Bello, Umberto Nasuti e Dante Troilo hanno poi tracciato, ognuno a modo loro, il profilo umano e professionale di Vito Pancella ricco di aneddoti, memorie e ricordi.
Intento principale dell’evento non poteva che essere quello di proporre un nuovo modo di conoscere e concepire il percorso dell’artista frentano da sempre legato alle slanciate ed ariose figure femminili, diventate nel tempio marchio e riconoscimento del suo modo di concepire la scultura. E proprio le sue mille Veneri adolescenziali ed efebiche dominano le camere del suo studio che portano ancora i segni e gli odori della cera della creta e della carta, i materiali poveri con cui Vito Pancella dava vita alle sue opere.
Osservando la sua bottega si rivivono i mille sentieri dell’arte di Vito, ricchi si degli intramontabili riferimenti classici, ma ancora tremendamente attuali grazie alle figure spesso tormentate e ferite che, con le loro maschere, sembrano quasi volersi difendere dalla miseria e dalla meschinità dei nostri tormentati tempi.
L’arte di Pancella ci parla di un uomo che, amando e donando tutto se stesso, ha permesso alla sua estro di creare un legame che attraverso il bello resta ancora vivo nella sua famiglia e in tutti quelli che gli hanno voluto bene.