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"Tutti mi dicevano che la mia era pura follia ma non ho mai mollato". Conosciamo Lisa La Pietra tra passione e determinazione.

Redazione
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È giovane, determinata e innamorata dell’arte nelle sue molteplici forme: conosciamo Lisa La Pietra, cantante lirica lancianese con la passione per l’architettura e la scenografia.

Lisa La Pietra, una vita dedicata all’arte. Dalle arti visive alla musica e in particolare dalla voce allo spazio. In che senso?

La  doppia formazione accademica mi ha messo di fronte ad un bivio rispetto al quale non sono riuscita a scegliere in che direzione andare. Per me era impossibile decidere se continuare a fare la scenografa dopo debutti significativi o se portare avanti il canto lirico. Amavo tradurre visivamente le drammaturgie e vedere, poi,  bozzetti materializzarsi di fronte ai miei occhi e a quelli di tutti, in funzione della messa in scena, ma allo stesso tempo cantare diveniva un’esigenza sempre più forte per me, fino al punto in cui ho capito che l’unica scelta era trovare il punto di incontro fra queste due aree disciplinari. Ho iniziato ad interrogarmi sul rapporto tra canto e scenografia. Da qui le mie attività, oggi, e ABITARE LA MUSICA. CANTARE L’ARCHITETTURA – Residenza artistica e di ricerca. 

ABITARE LA MUSICA. CANTARE L’ARCHITETTURA. Di cosa si tratta e come è nata?

In realtà tutto nasce dal titolo della mia tesi di musicologia. Un focus sulla musica contemporanea e sui linguaggi che si sviluppano in un’epoca dominata dai social network e in cui si può parlare sia si società che di architettura virtuale.

Concluso il percorso di ricerca non riuscivo a slegarmi dal mio progetto, né tantomeno a voltare pagina e così ho trasformato il mio progetto in una residenza artistica, che ha sede a Pizzoferrato. Abbiamo previsto la durata di 12 mesi divisi in due tranche: tre blocchi di ricerca nei primi sei mesi, con convegni in cui vengono invitati professionisti di ogni area disciplinare a restituire la propria visione del tema in questione e sei mesi di attività di produzione come messa in pratica dei presupposti teorici raggiunti nella precedente fase dedicata alla ricerca. 

Una realtà imprenditoriale a tutti gli effetti, si direbbe. Cosa comporta un carico di responsabilità così importante per una giovane donna di 28 anni che opera nel mondo dell’arte, vive a Venezia, si muove in continuazione per lavoro ed è molto presente nella sua terra natia?

Certamente è tutto molto complesso, ma non ho scelta. Quando mi sono resa conto a cosa stavo andando incontro era già troppo tardi per tornare indietro, ma anche troppo presto per avere la stabilità che in questo settore si raggiunge mediamente ad un’età più avanzata rispetto ad altre figure professionali e perciò non mi resta che darci dentro. Io credo molto nelle persone, nei miei amici, nei colleghi e nel potenziamento delle risorse del proprio territorio e nel caso specifico del paese in cui ho impiantato la residenza, di cui spero di far emergere i luoghi, la gente, le loro tradizioni e l’orchestra di fiati, portando da loro il confronto con professionisti affermati ma giovani, formazione, idee e spirito.

Nello specifico le difficoltà che può incontrare un giovane della mia età in una situazione analoga alla mia, passano dalla formazione all’affermazione fino al mantenimento di se stessi come professionisti e quindi al continuo investimento che si fa in termini economici e di tempo perché in questo settore non è sufficiente avere una laurea, ma nemmeno più di un titolo di studio. È una ricerca continua, un percorso di approfondimento, di specializzazione e di focalizzazione che va inseguito a tutti i costi.

È più difficile cantare o essere a capo di un progetto importante come la tua residenza?

È difficile rispondere perché per me le due attività sono strettamente collegate e consequenziali come lo sono lo spazio e la voce, e come lo sono la ricerca e la pratica. Cantare è una sorta di missione impossibile a cui si è chiamati irrimediabilmente, una sorta di “dannatissima vocazione”. Essere a capo di un progetto come la residenza richiede abilità e competenze diverse. Innanzi tutto bisogna dominare le aree di indagine, pratica, ricerca e studio, poi ci vogliono molte conoscenze e quindi un’esperienza maturata precedentemente, forte spirito di aggregazione, capacità relazionali e di comunicazione e poi chiaramente manageriali perché ci si ritrova a gestire budget a prescindere dall’entità.

Che riscontri ha avuto ABITARE LA MUSICA. CANTARE L’ARCHITETTURA. In questi sei mesi di vita?

Tanti. Troppi, forse, rispetto a quelli che mi aspettavo. Innanzi tutto in accordo con Marco Solfanelli pubblicheremo un volume che raccoglie gli atti dei tre convegni che sono “Luoghi di culto e memoria”, “Iconografia popolare e meraviglia” e “Immaginario e virtualità”, dal titolo ABITARE LA MUSICA. CANTARE L’ARCHITETTURA, ma abbiamo già debuttato due cellule di produzione della residenza che sono ABITARE LA MUSICA. CANTARE L’ARCHITETTURA – Per voce e clarinetto in occasione del Salone del mobile di Milano a ”HYBRID EFFECTS, From solid body to liquid cities.” Il 13 aprile a Palazzo Radetzky, a cura di Luca Curci e ETEREAUREARGIA da un mio soggetto omonimo, sempre per voce, spazio e clarinetto, ma questa volta il 9 maggio a Palazzo Ca’ Zanardi nella prima tappa del festival “WHY SELF. Adventures of social identities.”

Quali sono i prossimi appuntamenti?

I prossimi due saranno molto importanti. Domani martedì 16 giugno alle 18.00, Teatro la Fenice, Sale Apollinee, in occasione dell’omaggio ad Aldo Rossi de la casa editrice “Il poligrafo” e l’Università IUAV di Venezia, eseguirò in duo voce e clarinetto con Alessia Gloder gli intermezzi musicali in un’esecuzione che va da Mozart a Schubert, passa per Wolf e arriva a Gabriele Cosmi che è un giovane compositore ma già affermato di cui eseguirò “Gli altri non muoiono mai” scritto per la mia voce.

Un altro evento in cui saremo ospiti con ABITARE LA MUSICA. CANTARE L’ARCHITETTURA. con il duo per voce e clarinetto che amo molto è ARCHITECTURE IDENTITIES presso Palazzo Ca’ Dolfin a Venezia il 4 luglio alle 18.00.

C’è un messaggio che vuoi lanciare ai giovani artisti o a chi ambisce a questo mestiere?

Studiate tanto e cercate le persone giuste nel vostro percorso. Gli incontri posso essere più importanti delle istituzioni  rispetto alle quali si rimettono le nostre aspettative in termini di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro. La fatica è tanta ma non c’è da spaventarsi perché i risultati prima o poi arrivano e i molti momenti di scoraggiamento, in questo ambito sono all’ordine del giorno, ma basta raccogliere le proprie forse e incanalarle di volta in volta. Credo che chi abiti il nostro tempo sia chiamato a rivalutare lo spirito di aggregazione e non la competizione con cui ci ha “allattato” la generazione da cui discendiamo. L’unione fa la forza e a questo mondo c’è spazio per tutti. Questo è anche il presupposto di base del mio progetto di residenza.

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