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La leggenda dell’Uomo del Natale: tra storia, mito e folklore

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LANCIANO - Uno dei piccoli “traumi” che segna il passaggio dall’età infantile a quella adolescenziale è scoprire che Babbo Natale non esiste. Sì, avete capito bene, per anni e anni ci hanno invogliato a scrivergli delle letterine piene zeppe di regali e poi… possibile che quel simpatico omone panciuto con la barba bianca ed il vestito rosso, che con tanta precisione esaudiva le nostre richieste, sia solo una figura immaginaria ideata per rendere più dolce l’attesa del Natale?  In realtà è sbagliato dire che Babbo Natale non esiste, perché la figura che ha dato vita all’epopea di questo Uomo del Natale è esisitita davvero, ma la sua è una storia un po’ diversa da quelli che forse noi tutti conosciamo ed è ambientata tanto, ma tanto tempo fa.

La pia leggenda narra che attorno all’Anno del Signore 280 a Patara, nei pressi di Myra nell’attuale Turchia, nacque un tale a cui fu messo nome Nicola. Pietoso e gentile d’animo si dice abbia un giorno distribuito ai poveri e agli indigenti tutte le abbondanti ricchezze del patrimonio famigliare, per poi errare solo soletto nelle campagne per assistere bisognosi e ammalati: Nicola consacrò la propria esistenza al servizio di Dio, diventando giovanissimo vescovo di Myra. Durante le persecuzioni scatenate dall’imperatore Diocleziano, fu esiliato e conobbe persino il carcere, ma nel 325 non mancò all’importantissimo Concilio di Nicea. Quando Nicola morì il 6 dicembre del 343, si diffuse immediatamente un culto popolare che lo voleva patrono dei bambini.

L’iconografia ha tramandato diverse sue immagini, ma nessuna somiglia troppo all’omone allegro, sovrappeso e dalla barba bianca che oggi attribuiamo a Babbo Natale. E poi cosa c’entra, direte voi, questa figura di santo “mediterraneo” con il Santa Claus che vive tra i ghiacci del Polo Nord e viaggia con le sue renne, per portare i doni la notte di Natale.? Apparentemente nulla, bisogna però sapere che sulla figura di questo Uomo del Natale si concentra anche una lunga serie di simbologie precristiane. Il 25 dicembre come nascita di Gesù Cristo è, si sa, una convenzione che la Chiesa Cattolica ha scelto appositamente per sovrapporsi in un tempo “forte” del calendario di numerosi popoli sia mediterranei che nordeuropei. Col tempo al santo vennero attribuite alcune caratteristiche tipiche di divinità pagane preesistenti, come il romano Saturno o il nordico Odino, anch’essi spesso rappresentati come vecchi dalla barba bianca in grado di volare. 

Con la Riforma protestante che, a partire dal Cinquecento, abolì il culto dei Santi in gran parte dell’Europa del Nord, divenne un problema a chi far portare i doni e questa data venne spostata dal 6 dicembre festa di San Nicola, al 25 dicembre giorno di Natale. Tuttavia il piccolo e docile Gesù Bambino non sembrò in grado di portare troppi regali, e soprattutto non può “minacciare” i bambini cattivi. Così soprattutto nel folklore nordico e germanico nacquero alcune figure a metà tra il folletto e il demone. Alcune, come i Krampus, servono da aiutanti dello stesso san Nicola; in altre il ricordo del santo sopravvive nel nome, come Ru-klaus (Nicola il Rozzo), Aschenklas (Nicola di cenere) o Pelznickel (Nicola il Peloso). Erano loro a garantire che i bambini facessero i buoni, minacciando punizioni come frustate o rapimenti. Per quanto possa sembrare strano, anche da questi personaggi nasce la figura dell’allegro vecchietto in slitta. Gli immigrati nordeuropei portarono con loro molte di queste leggende quando fondarono le prime colonie nel Nuovo Mondo. E soprattutto quelli olandesi, rimasti affezionati a san Nicola, diffusero il nome di “Sinterklass” (Santa Claus).

Tuttavia è nei primi decenni dell’Ottocento, che avvenne la svolta: diversi poeti e scrittori cominciarono a impegnarsi per trasformare il Natale in una festa di famiglia, recuperando anche la leggenda di San Nicola. Già in un libro del 1809, lo scrittore Washington Irving immaginò un Nicola che passava sui tetti con il suo carro volante portando regali ai bambini buoni; poi fu la volta di un libretto anonimo in versi, “The Children’s Friend”, con la prima vera apparizione di Santa Claus, associato al Natale ma privato di qualsiasi caratteristica religiosa, e vestito nelle pellicce tipiche dei buffi portatori di doni germanici. Questo Santa porta doni ma infligge anche punizioni ai bambini cattivi, e il suo carro è trainato da una sola renna. 

Le renne diventano otto e il carro diventa una slitta nella poesia “A Visit From St. Nicholas”, scritta nel 1822 da Clement Clark Moore per i suoi figli ma diventata subito “virale”. Per molti decenni Santa Claus viene rappresentato con varie fattezze e con vestiti di varie forme e colori. Solo verso la fine del secolo, grazie soprattutto alle illustrazioni di Thomas Nast, grande disegnatore e vignettista politico, si impone la versione “standard": un adulto corpulento, vestito di rosso con i bordi di pelliccia bianca, che parte dal Polo Nord con la sua slitta trainata da renne. 

Una volta standardizzata  grazie anche alle pubblicità della Coca-Cola, la figura di Santa Claus torna in Europa in una sorta di migrazione inversa, adottando nomi come Père Noel, Father Christmas o Babbo Natale e sostituendo un po’ ovunque i vecchi portatori di doni. A diffonderla sono anche i soldati americani sbarcati durante la Seconda Guerra Mondiale, e l’allegro grassone finisce per simboleggiare la generosità degli USA nella ricostruzione dell’Europa occidentale. Una storia lunga e parecchio strana questa dell’Uomo del Natale nato in Turchia, passato per il Polo Nord e l’America e ritornato poi in Europa. Il nostro racconto finisce qua, ma a voi bambini raccomando ancora un ultima cosa, questa sera prima di andare a letto date un’occhiata in cielo…. magari Babbo Natale Nicola sta passando proprio sul vostro tetto!


 

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