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La Befana, tra tradizione popolare e religione

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Il giorno dell'Epifania i bambini non vedono l'ora di ricevere la calza della Befana piena di dolci di ogni tipo, così come in passato i bambini di allora desideravano vedere le loro calze piene di mandarini, frutta secca e biscotti, per i più fortunati.

Tralasciando il legame tra la Befana e i Re Magi, dobbiamo sapere che la tradizione della Befana, per molto tempo messa in secondo piano rispetto a quella di Babbo Natale, nella consuetudine popolare contadina, in questo caso nella cultura contadina vastese, aveva una grande importanza. Se ci spingiamo indietro nei ricordi dei nostri nonni, o bisnonni, per i più giovani, ci diranno che la festa della Epifania era la più importante e la più attesa. Infatti, nel dopoguerra, in piazza Rossetti, il giorno dell'Epifania, i passanti o quei pochi motorizzati, erano soliti lasciare dei doni alla Polizia Municipale, le famiglie più ricche invece offrivano doni ai bambini più bisognosi. Ma la cosa più caratteristica, che si è tramandata fino ai giorni nostri, è il canto della Pasquetta (che non ha nulla a che vedere con la festa religiosa). Il canto, un misto tra sacro e profano, era eseguito da gruppi di cantori folkloristici che, con strumenti di fortuna e abiti caratteristici, andavano a cantare, di casa in casa, di persone benestanti, per ricevere in cambio doni culinari (vino, salsicce...). Il canto della Pasquetta avrebbe dovuto augurare prosperità ed esorcizzare avvenimenti funesti, a chi era rivolto.

Questa tradizione è continuata fino ai giorni nostri, ma per cause avverse, legate al Covid, per il secondo anno di seguito è stata rimandata. Aspettiamo tempi più propizi.

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