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Trivellazioni alle Tremiti: le associazioni ambientaliste ricorrono al Tar

Tra i vizi del decreto del Minisetero dell'Ambiente, anche il mancato coinvolgimento della regione Puglia

La Redazione
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Arriva un altro no contro le trivellazioni in Adriatico. Mentre la Puglia e le Isole Tremiti si mobilitano per il concertine in programma domani alle 21,30 nell’isola di San Domino per dire no al petrolio, Legambiente ed altre associazioni ambientaliste abruzzesi e molisane annunciano il ricorso al Tar del Lazio. Ad essere impugnato davanti il Tribunale amministrativo è il decreto del ministero dell’Ambiente (126/2011) che valuta positivamente, sotto il profilo della compatibilità ambientale, un programma d’indagini sismiche proposto da Petroceltic Italia srl per l’individuazione e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi sottomarini al largo delle coste abruzzesi, molisane e pugliesi. Le associazioni hanno, infatti, ravvisato nel procedimento del ministero numerosi vizi formali e sostanziali che inducono a dubitare della corretta individuazione e valutazione degli impatti ambientali che verrebbero arrecati all’ambiente marino. Tra gli altri vizi, quello più eclatante, probabilmente per evitare un ennesimo parere sfavorevole, è il mancato coinvolgimento della Regione Puglia nella procedura, nonostante le isole Tremiti siano più vicine all’area di ricerca della Petroceltic dei comuni costieri di Abruzzo e Molise. Le associazioni hanno chiesto, inoltre, al TAR del Lazio di voler disporre, anche in via cautelare, la rinnovazione del procedimento nel rispetto dei principi di pubblicità e partecipazione, evidenziando il grave pregiudizio che l’utilizzo della tecnica air-gun può provocare in particolare sui mammiferi marini, come attestato dalle perizie necroscopiche eseguite nel dicembre 2009 sui capodogli che si spiaggiarono proprio sulle coste garganiche in seguito a fenomeni di embolia gassosa. “E’ partita una ‘lottizzazione’ senza scrupoli del mare italiano che non risparmia nemmeno le Aree Marine Protette - commenta il responsabile scientifico di Legambiente Stefano Ciafani -. Una ricerca forsennata per individuare ed estrarre i 129 milioni di tonnellate che, secondo le stime del ministero dello Sviluppo economico, sono recuperabili dal mare e dalla terra italiani. Ma il gioco non vale la candela. Agli attuali ritmi di consumo, queste riserve consentirebbero all’Italia di tagliare le importazioni per soli 20 mesi, col serio rischio di ipotecare, invece, per sempre il futuro di intere aree di importante valenza naturalistica e turistica”.
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