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Raccontiamo una passione:la montagna

un bel racconto che la nostra redazione vi propone su un grande amore

A cura della redazione
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Vogliamo proporvi le belle e spontanee parole di un nostro lettore, Giuseppe La Morgia. Un amore a prima vista, quello per la montagna, che accomuna molti di noi figli di una terra dove sullo sfondo si staglia sempre la nostra "madre" la Maiella.

"Iniziare a scrivere una nuova avventura non è mai tra le cose più semplici da fare, e in questo momento ho la fortuna e l’occasione di potermi dedicare completamente anima e corpo in quella che è la mia più grande passione... la Montagna. Ogni volta che il mio sguardo incrocia il suo viso, le sue pareti e i suoi profondi strapiombi, non riesco a pensare ad altro che alla sensazione di essere un libero puntino, un piccolissimo ospite, che con spavaldo permesso  approfitta di lei per godere di tanta pace e libertà. Già proprio quella pace che oggi giorno sembra svanire, vacillando, sotto l’incalzante motore della globalizzazione, dell’economia marcia, dell’avidità umana e di un mondo che gira sempre più in modo sbagliato e veloce, senza lasciare respiro, soffocando ogni momento di spensieratezza.
Ho sempre nutrito un interesse particolare per le alture, fin da quando i primi accenni e insegnamenti da parte di nonni e genitori mi portavano aldilà di quel camino e di quella finestra, verso un mondo inesplorato, verso il più totale ignoto, verso quella curiosità infantile che si affacciava sull’imponente Maiella, Montagna Madre,  Madre di tutti noi Abruzzesi.  Quei racconti nati con il tepore che solo un fuoco poteva offrire, quel rievocare le gesta di un passato che hanno lasciato tuttora un segno indelebile di chi, in tempi antichi ha vissuto, amato, gioito, combattuto e ringraziato, mi fanno amare incondizionatamente questo miracolo della natura. Si dice, che per capire il presente bisogna soffermarsi molto sul passato, catturando ogni sfumatura, ogni colore, ogni attimo, e la nostra Dea Madre ha tanto da insegnarci
E allora come non ricordare Il fenomeno del brigantaggio! Nasce in Abruzzo intorno al 1500, con le imprese di Marco Sciarra. La Maiella, con le sue grotte, fitte faggete, valloni e precipizi, è stata al centro degli episodi più noti. L'epoca di massima espansione del fenomeno ci fu subito dopo la conquista, da parte dei Piemontesi guidati da Garibaldi, delle regioni del Regno di Napoli, ossia fra il 1860 e il 1870, quando, dopo l'iniziale entusiasmo, iniziarono a emergere i primi malcontenti. Infatti sul massiccio della Maiella operarono numerose bande, ognuna delle quali aveva un capo e si muoveva in maniera indipendente dalle altre, sebbene siano spesse indicate collettivamente con il nome di banda della Maiella. In particolare, si ricordano come presenti nella zona le bande di Croce Di Tola, detto Crocitto; dei fratelli Colafella di Sant’Eufemia; di Pasquale Mancini, detto Mercante, di Pacentro; di Domenico Valerio, detto Cannone, di Atessa; di Luca Pastore di Caramanico; di Salvatore Scenna di Orsogna; di Domenico Di Sciascio di Guardiagrele; di Nicola Marino di Roccamorice; e di Fabiano Marcucci, detto Primiano, di Campo di Giove.  Oggi, in ricordo di quegli anni di così tanta miseria che affliggeva la nostra Maiella, restano ancora intatti segni indelebili del loro passaggio. Una delle più famose è la “Tavola dei Briganti”, serie di rocce calcaree, dove briganti e pastori hanno inciso le loro testimonianze, particolarmente in relazione al periodo dell'unificazione italiana. Nella zona della Maiella, e in particolare sulla Majelletta, fu costruito un avamposto militare, noto come Blockhaus, il quale aveva lo scopo di funzionare da deterrente e punto di forza militare proprio al centro del territorio controllato dai briganti. La Tavola è a pochissima distanza da quest'ultimo, e riporta, oltre a croci, nomi, date e simboli di vario genere, anche la seguente iscrizione: “Leggete la mia memoria per i cari lettori. Nel 1820 nacque Vittorio Emanuele Re d'Italia. Primo il 60  era il regno dei fiori, ora è il regno della miseria.”La Tavola dei Briganti è raggiungibile da Passo Lanciano attraverso un itinerario che, partendo dal rifugio CAI Sez. Maiella “Bruno Pomilio", segue il la ex strada, o in alternativa una traccia di sentiero, fino alla Madonnina. Da qui si prende il sentiero che aggira a destra la vetta del Blockhaus (quello di sinistra è stato chiuso dall'ente parco Maiella) e lo si segue lasciando tutte le deviazioni. Passata la cima di Monte Cavallo, si giunge a un incrocio, sulla destra, indicato da una freccia e da un omino di pietra, si segue il sentiero che sale leggermente fino a raggiungere le rocce con le incisioni. E qui, una volta giunti, è come tornare nel passato, sfiorando quelle rocce, si accarezza la storia, si ricalcano i nomi, e ci si perde tra i pensieri che la montagna ancora oggi custodisce. La Maiella, tra mistero e leggenda, nasconde i resti di quel tesoro accumulato e custodito dai briganti. Oro, monete, gioielli interrati nella montagna con la speranza di poter tornare, un giorno, a riprenderli. Carcere, ergastolo e morte improvvisa fecero dimenticare per sempre tale tesoro. Un ex brigante di Castelfrentano, graziato dal suo ergastolo ed ormai molto vecchio, svelò il suo segreto ad un maestro di Pennapiedimonte capitato lì. Fu tracciata una cartina… Sulla cima della “Canala Bianca”, sul costone di Selva Romana, era seppellito un baule colmo di monete d’oro e d’argento, di monili e preziosi. Quel tesoro non fu mai trovato e forse riposa ancora sulla Maiella. Chissà se mai, con attrezzature moderne, con rivelatori metallici, si riuscirà a riportarlo in vita.
Dopo questi cenni storici, “doverosi”, che torneremo ovviamente ad approfondire, ci tenevo a ricordare di quanto la Montagna, oggi più che mai, sia un punto di forza per l’aggregazione soprattutto giovanile. Con lei ho scoperto ed apprezzato ancora di più l’importanza della vera amicizia, quella che va oltre le apparenze, l’essere materiali e la monotonia del  quotidiano, che non ci permettono di viverla a fondo e di carpirne i veri insegnamenti. Infatti dopo tanti anni alla ricerca di qualcuno che nutrisse la mia stessa passione, ecco arrivare da un mio amico quell’input geniale ma allo stesso tempo confortevole ed adrenalinico, di un ritorno in quella che poi sarebbe diventata la mia più grande passione, la montagna. Insomma parlando del più e del  meno, non ho potuto far altro che cogliere la palla al balzo e rivivere un’emozione unica, quell’emozione che il più delle volte solo un bambino può provare! Poi una telefonata, un caffè, e ci mettiamo finalmente d’accordo sulla prima escursione da intraprendere. Ed ecco che i miei desideri si esaudiscono  in una calda e torrida giornata di giugno, e quanto tempo era passato dall’ultima volta.
Il mio carissimo amico, anzi fratello, Simone Castelfranato, passa a prendermi prima del sorgere del sole e, armati di sprizzante euforia, ci dirigiamo verso Castelfrentano, dove ci aspetta suo fratello Paolo che, da quel giorno, diventerà per noi un punto di riferimento. La prospettiva e l’imponenza della Montagna si fanno man mano più nitide ad ogni chilometro percorso, e le stelle luminose fanno da contorno ad un panorama, che ci offre la visuale di un mare bagnato dai primi raggi di un tiepido sole,  intanto il rifugio Pomilio situato a 1888 m s.l.m.,  sembra ancora più evidente. Il sole si fa alto ma, nonostante sia estate, si sente una leggera brezza mattutina che ci costringe a coprirci (troppi “ci”, non vanno bene). Ed eccoci a tu per tu con tutto quell’immenso, ci guardiamo, tiriamo un sospiro e, indossate le scarpe da Trekking, ci immergiamo completamente nella natura. Che dire, stare lassù, da soli, cercare nuovi spazi, annusare nuovi profumi, far arrivare i battiti  del cuore a mille non aveva prezzo. Da quel preciso istante era stato come entrare in una nuova dimensione, dove il centro del mondo, il centro dei pensieri, il centro delle nostre emozioni era proprio li, facendo crescere l’amicizia e l’affiatamento fra di noi. In poche ore  il vivere quotidiano aveva lasciato posto al surreale. A stento non credevamo ai nostri occhi, la fatica ed il sorriso stampato sui nostri volti, erano in totale simbiosi con tutto. Avevamo trovato la felicità.
Adesso non facciamo altro che programmare nuove avventure, pensando alle prossime mete, consultando cartine e nuovi sentieri. Aspettiamo con ansia l’arrivo del fine settimana, e controllato il meteo (aspetto basilare), non perdiamo nemmeno un minuto per sentirci , organizzare e partire... vi assicuro il richiamo è irresistibile! Penso davvero di aver trovato la mia essenza in tutto ciò, e questo lo devo alla libertà che la natura mi offre e anche alla consapevolezza di poter contare su amici come Paolo, Simone, Luigi che mi fanno sentire bene, e mi regalano l’emozione di vivere nel pieno rispetto di ogni valore. A chi mi chiede perché si va in montagna, al perché si debba andare oltre l’ignoto, oltre i limiti, arrivare su una Cima, stare quel poco e poi riscendere, io rispondo che chi lo fa si rende conto di aver raggiunto la piena armonia con il mondo, lo fa per essere libero, per scuotersi dalle spalle tutte le catene che la convivenza sociale impone, per non inciampare ogni due passi in imposizioni e proibizioni. Si va in montagna anche per sottrarsi a norme ammuffite, per sbizzarrirsi una buona volta e immagazzinare nuove energie.
La Montagna è Maestra di vita, e non conosce colore ed età.
Concludo con questo splendido aforisma che recita:
“Sulla montagna sentiamo la gioia di vivere, la commozione di sent
irsi buoni e il sollievo di dimenticare le miserie terrene. Tutto questo perché siamo più vicini al cielo.” Emilio Comici"

Giuseppe La Morgia

 

 

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