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Centrale a biomasse di Treglio, l'appello di Nuovo Senso Civico

L'associazione scrive al sindaco: "Si attivi per chiudere l'impianto"

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TREGLIO. Prosegue l’apprensione dei cittadini di Treglio nei confronti della centrale a biomasse di contrada Paglieroni. Nei giorni scorsi diversi residenti hanno denunciato alcuni tentativi di boicottaggio da parte dell’amministrazione comunale e di cittadini a favore della centrale nei confronti di manifesti e striscioni di dissenso che da settimane campeggiano sui cancelli di numerose abitazioni del paese. A farlo sapere è l’associazione Nuovo Senso Civico che da sempre si batte contro la creazione dell’impianto da un megawatt a poche centinaia di metri dalle case. “Il sindaco Roberto Doris – scrive Lanci in una nota - al posto di preoccuparsi delle richieste dei suoi concittadini, che quotidianamente gli sollecitano interventi per risolvere definitivamente le problematiche in merito ai 2 inceneritori di Treglio, (Sansifici Vecere con un inceneritore da 3,5 MWT e l'inceneritore per biomassa da 1 MW) sta pensando di far rimuovere tutti gli striscioni di dissenso verso gli impianti in questione che quotidianamente normali cittadini appongono davanti le loro case. Aumentano anche gli "inviti" e "consigli"da parte di alcuni, , a chiedere di rimuovere gli striscioni, della serie “non conviene mettersi contro il potere consolidato”. Il Sindaco forse si preoccupa più dell'irritabilità dei proprietari degli impianti e meno della salute dei suoi concittadini che lo hanno eletto a loro rappresentanza”. Un appello diretto al primo cittadino perché si attivi definitivamente nello smantellamento della centrale, è stato rivolto dall’associazione anche lo scorso 23 giugno. Nuovo Senso Civico nella lettera inviata in Comune cita alcune norme alle quali potrebbe ricorrere il primo cittadino ed in particolare fa riferimento alla normativa europea, recepita dall’Italia, che impone di non peggiorare la qualità dell’aria. Ad esempio viene inoltre citato il caso della “Rohm and Haas”, industria statunitense di veleni per l’agricoltura, il cui insediamento ad Atessa fu negato nel 1976, dall’allora sindaco Angelo Staniscia. La fabbrica, nonostante fosse già stata costruita e pronta per entrare in funzione con 35 operai assunti, fu fatta smantellare pezzo per pezzo. “Il sindaco – ricorda Lanci - nell’ambito delle sue competenze, ha poteri sovrani. La violazione di una norma ambientale configura già di per sé un danno ambientale anche se solo potenziale e quindi perseguibile in sede penale” .
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