SAN VITO. Un dibattito dai toni accesi, non privo di qualche momento di tensione, ha fatto da sfondo ieri alla manifestazione di Slow Food Cala Lenta. Tema della serata il Parco nazionale della costa teatina, un argomento che sta dividendo l’opinione pubblica in due nette fazioni: favorevoli e contrari. Da una parte gli entusiasti, dall’altra gli scettici. E sullo sfondo la data del 30 settembre, quella che dovrebbe sancire una volta per tutte la perimetrazione dell’area, pena la decisione da parte di un commissario governativo. Ma le opinioni sono ancora distanti.
Intanto i sindaci. Tra gli otto comuni coinvolti, (Ortona, Rocca San Giovanni, Fossacesia, San Vito, Torino di Sangro, Casalbordino, Vasto e San Salvo), due campanili si sono già dichiarati apertamente contrari: San Vito e Rocca San Giovanni. A questi si aggiunge anche il comune di Villalfonsina, nel vastese, che era stato inserito nel parco e che ha deliberato in consiglio comunale l’assoluta contrarietà al progetto. “Perché non si fa un parco a Chieti? – ha ironizzato il sindaco, Mimmo Budano (Lista civica di centrodestra) – non vogliamo carrozzoni. Chi vuole il parco ci deve dire in termini numerici quali saranno i vantaggi: ci saranno posti di lavoro? Se si, quanti? I redditi saranno più alti? Se si, di quanto?”
“Non ci sono studi sulla biodiversità che giustifichino la nascita di un parco nazionale – ha incalzato Luigi Comini (Lista civica di centrodestra), assessore all’ambiente di San Vito – la legge è generica e il nostro territorio non ha bisogno di ulteriori tutele: abbiamo già riserve, aree sic e aree protette, il parco non è una priorità”. Dello stesso avviso anche il sindaco di San Vito, Rocco Catenaro (Lista civica di centrodestra): “la perplessità è quella di conciliare occasioni di sviluppo con i vincoli di un parco fortemente antropizzato”.
La platea è accesissima. Agricoltori, cacciatori e piccoli proprietari terrieri da un lato e ambientalisti dall’altro non perdono occasione per rumoreggiare, applaudire, gridare e contestare.
A sedare gli animi ci prova l’economista di fama internazionale Marcello De Cecco che fa appello al buon senso senza tuttavia prendere una posizione netta. La sua considerazione è quella che le potenzialità del territorio siano molto alte e che un parco naturale potrebbe solo concorrerne alla crescita.
“Sono figlio di agricoltori – interviene invece il senatore Pd Giovanni Legnini, autore dell’emendamento del decreto “mille proroghe”, votato in Parlamento all’unanimità, sull’accelerazione dell’iter istitutivo del Parco – so quanta sofferenza e quanto sudore ci sia dietro la terra. Ma il parco può essere un’eccezionale occasione di sviluppo internazionale e certamente non si può prescindere dall’agricoltura. Non solo quest’attività è compresa nel Parco, ma sarà privilegiata. Chi tra i sindaci contesta la legge governativa del 2001, perché non si prende la responsabilità di un decreto abrogativo? Non lo fa perché sa che la maggior parte dell’opinione pubblica è a favore del parco”. “Finora – continua – è stata fatta una perimetrazione scellerata, ma i confini del parco si possono e si devono fare ascoltando le popolazioni locali e soprattutto interesseranno aree già vincolate. Il parco non aggiunge vincoli di carattere urbanistico”.
Ma sono proprio i vincoli a spaventare. Alessandro Mancini, del comitato Amici della Costa teatina ribadisce la sua contrarietà alle restrizioni che l’ente parco potrebbe calare sul territorio: “Sono stato l’unico, negli anni ’70 a battermi contro la Sangro Chimica, non si può certo dire che io sia a favore del petrolio – sottolinea – addirittura sono stato costretto a dimettermi dal mio partito, il Pc. Ma il parco non può passare sulla testa dei cittadini che non lo vogliono”.