LANCIANO - In luoghi in cui la ‘ndrangheta è parte della realtà tra i cognomi, le storie di boss e le famiglie di mafia, raccontare Rosarno e la sua generazione è un compito che va oltre il dovere di cronaca, ma si aggrappa alla volontà di salvare da un “peso” i ragazzi che fanno parte dell’intera società.
È questo quello che ieri Serena Uccello, giornalista del Sole 24ore ha raccontato ai tanti presenti nel Palazzo degli Studi per l’iniziativa promossa dall’Associazione Maria Luisa Brasile Onlus, parlando così del suo viaggio in Calabria, tra i ragazzi di un liceo figli di famiglie della ‘ndrangheta, le storie di donne madri e collaboratrici di giustizia, e donne delle istituzioni, simbolo del coraggio.
L’associazione che si occupa di educazione e crescita sociale, ha scelto il libro della giornalista per parlare del valore della scuola come strumento di emancipazione e affermazione individuale, prendendo spunto dalle storie dei ragazzi della generazione di Rosarno che, nonostante fossero figli di pentiti, figli di mafiosi al 41bis, o figli di boss assassinati, trovano proprio nella scuola il luogo in cui emergere come singoli per il loro nome e non per il cognome, e dove comprendere il valore della legalità per rompere il legame con il peso della storia che portano dietro.
Un’iniziativa che si aggiunge alle recenti attività dell’associazione in ambito scolastico, ma anche dibattito che ha coinvolto i partecipanti, da Rosarno e in ogni luogo, per interrogarsi e comprendere come si possano abbattere delle barriere culturali e sociali ed operare affinchè si possa costruire una società in cui qualsiasi differenza possa essere annullata, sulla base dei valori di cui si fanno portavoce le istituzioni.