LANCIANO - E’ una protesta che dura dall’inizio del mese quella di circa 150 detenuti del carcere di Lanciano contro il magistrato di sorveglianza di Pescara che, secondo loro, non applicherebbe mai alcun beneficio, dichiarando sempre inammissibili le richieste, in materia di liberazione anticipata speciale, a differenza di magistrati di altre città.
“Le istanze - affermano i detenuti in una lettera - vengono corrisposte a distanza di mesi e anche di anni. Nelle more di una decisione che il magistrato, se tempestivamente rispondesse, potrebbe dimagrire i termini del fine pena consentendo la scarcerazione, qui a Lanciano i detenuti scontano la pena fino all'ultimo giorno di detenzione”.
“Quando, dopo lunghe attese, è ottenuta la decisione per il beneficio – proseguono - ovviamente negativa e sfavorevole, per ricorrere non si ha più tempo. Questa situazione ci umilia, così risultano inutili anni e anni di percorso tratta mentale e viene inficiato l'operato dell'amministrazione della Casa circondariale, le valutazioni e i pareri dell'area educativa e della direzione".
"La protesta merita attenzione e solidarietà. Si tratta di una protesta non violenta volta a segnalare una disparità di trattamento che li priva della possibilità di usufruire di benefici previsti dall’ordinamento. Bisogna far chiarezza se davvero il magistrato di sorveglianza di Pescara ha un atteggiamento così diverso da quello di altri Uffici del territorio nazionale e se in tal modo non vengano rispettati gli ultimi decreti legge promulgati in materia di liberazione anticipata speciale e risarcimento del 10%”. E’ quanto afferma in una nota Maurizio Acerbo, di Un’altra regione – Rifondazione Comunista, mostrando la sue solidarietà ai detenuti.
“È probabile - prosegue - che la pronunzia d'inammissibilità sia un modo per consentire agli uffici di sorveglianza di risolvere la difficoltà a far fronte a un carico di lavoro insostenibile. Certo è che si tratta di una situazione che va affrontata. A noi di Rifondazione Comunista, al momento non presenti in Parlamento e in Consiglio Regionale, non è possibile né entrare nel carcere per ascoltare i detenuti né presentare interrogazioni”.
Per questo Acerbo invita i parlamentari e i consiglieri abruzzesi a intervenire sul caso. “La politica, sempre pronta a confezionare norme pseudo-garantiste salva-potenti, ha il dovere di occuparsi di carcere”, conclude Acerbo.