L'uomo del destino al Fenaroli

Irene Giancristofaro
25/01/2014
Arte e cultura
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La sera del 23 gennaio, al teatro Fenaroli, è andato in scena “L’uomo del destino” di Yasmina Reza, con la regia di Maurizio Panici. Yasmina Reza è drammaturga, scrittrice, attrice e sceneggiatrice francese, le cui opere teatrali hanno ricevuto svariati premi e riconoscimenti. La traduzione della pièce scritta nel 1995 fu affidata a Catherine Spaak, che ne fu per diverso tempo anche la protagonista femminile insieme ad Orso Maria Guerrini che continua ad interpretare il ruolo dello scrittore Paul Parsky in maniera magistrale. Attore di spessore nonché doppiatore, noto al grande pubblico nel 1970 con lo sceneggiato televisivo “E le stelle stanno a guardare” del regista abruzzese Anton Giulio Majano, è affiancato da una bravissima Cristina Sebastianelli, sua compagna non solo sul palcoscenico ma anche nella vita.
I due protagonisti viaggiano nello scompartimento di un treno che va da Parigi a Francoforte. Lui è Paul Parsky, uno scrittore di successo, e lei è Martha, un’assidua lettrice dei suoi romanzi, da sempre innamorata delle sue opere. Due perfetti sconosciuti che il caso ha posto l’uno di fianco all’altro e che riusciranno a trovarsi solo al termine del loro viaggio, dopo aver fatto gran parte del percorso senza mai rivolgersi direttamente la parola, immersi nei rispettivi pensieri detti ad alta voce per consentire allo spettatore di poterli conoscere. Le riflessioni di lui sono amare e a tratti irritanti, a volte sembra quasi che voglia poter evacuare parte della sua vita con uno dei suoi sospirati lassativi. Lei ricorda con malinconia il tempo perduto e ciò a cui ha rinunciato. Entusiasta di Paul Parsky, ha la possibilità di potergli finalmente parlare in quell’anonimo scompartimento, se non si sentisse frenata dal timore di avvicinarsi a lui. Confida in qualche suo cenno, durante un’attesa carica di una forte tensione emotiva. Accade spesso che ciò che si desidera e non si riesce ad ottenere possa essere idealizzato. L’oggetto amato può, così, essere investito delle più nobili aspettative, fino quasi ad assurgere a mito. Difficile ma non impossibile da dissacrare. Magari proprio da chi è oggetto del mito stesso. Il desiderio può spesso appagare più del godimento di ciò che si è desiderato. La felicità può risiedere solo nell’attesa, ammonisce Giacomo Leopardi ne “Il sabato del villaggio”.
Yasmina Reza dice di quest’opera: “Mi piacerebbe riscrivere di un treno. È un luogo perfetto per scrivere. Tutto scorre, il suolo, i luoghi, i pensieri. Il mondo si srotola in uno spazio quadrato, senza rumori, senza accadimenti. All’inizio non pensavo di scrivere L’uomo del destino per il teatro. Non era destinato a nulla: solo un testo composto da due monologhi. Un uomo. Una donna. Uno scompartimento. L’idea di una pièce è affiorata quando la parte femminile (la donna sa chi è l’uomo) ha consentito il rivolgersi diretto - anche se segreto - all’uomo. E questo segreto mi è parso di natura teatrale. Si può davvero innamorarsi di qualcuno attraverso la sua opera. Subentra una sorta di connivenza fra le due solitudini. Quasi sempre, irrimediabilmente, l’incontro è deludente o vano. Questa volta, per fortuna, l’incontro (o destino) potrebbe essere felice. Tra le mie pièces, L’Uomo del destino è di molto la più ottimista”.    

 

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