Nemo propheta in patria? La mostra di Antonio Russo al Pura Vida è il ritorno e la prima personale a Lanciano dell’artista frentano, ormai a Roma da diversi anni: 13 opere trasportate per l’occasione, che disegnano un percorso del ciclo della vita, l’uomo dall’infanzia alla maturità e fino alla morte, splendidamente simboleggiata nella sala finale del locale da una tela protagonista dedicata all'evento e dalle grandi dimensioni. Vernissage dalle 20:00 la sera di Santo Stefano 26 dicembre, finissage il 5 gennaio: entrambe le serate con l'artista e musica dal vivo (BarJazz Duo il 26, Frank's Automatic Transmission il 5). Oli su tela, quadri materici, incisioni, stampe, tavolozze tridimensionali trasformate in dipinti: è la padronanza dei materiali e l’uso di colori naturali fatti di polvere di cenere e carbone, a risaltare in un ambiente neutro, spoglio e dalla sobrietà medievale del Pura Vida. Che c’è di nuovo in quest’esperimento rispetto alle tante mostre del settore? «La vera pittura ormai si può ammirare più nei bar che nelle gallerie», questa la considerazione dell’artista e del curatore: far emergere e inondare prima i locali underground romani, e adesso a Lanciano, con opere autentiche, circondate da selezioni groove e funky e improvvisazioni jazz dal vivo.
«Certo ci vogliono le idee, i talenti, i geni. Ma all’arte serve anche un bar accogliente, un locale dove è piacevole andare. Non voglio fare l’apologia delle feste, il mondano a oltranza. Per carità. Ma sono convinto che la socialità sia un elemento importante dell’arte. Per Andy Warhol
un party era fondamentale quanto un museo. Ed è sempre stato così. Dalle scuole filosofiche dell’antica Grecia agli impressionisti che si ritrovavano nelle loro osterie lungo la Senna. Le idee nascono guardando un quadro, ma anche chiacchierando con un cocktail in mano» (Aldo Cibic, designer).
Antonio Russo a Pura Vida è ancora un’esposizione e performing-art dello Studio Sotterraneo di cui l’artista fa parte da diversi anni. Un gruppo i sette riuniti ai margini del quartiere Pigneto, a Roma, dove le tele passano da una mano all’altra in un’ibridazione di stili di arte contemporanea che si fa melting-pot di influenze italiane, centro e sudamericane. Studio Sotterraneo è soprattutto, «L’odore dell’olio di lino che colpisce i sensi, il suono della tastiera a riempire l’aria, resa densa dai colori alle pareti. Su cui quasi fatica a contenersi la gestazione pittorica quotidiana che qui ha origine per mano di sette differenti genitori, diversi nel gusto estetico ma uniti dalla passione per l’amante che sotto quel tetto dividono: la pittura. Sembra quasi di sentirla respirare nella forza dolorosa delle tele di Luis Alberto Alvarez, per poi materializzarsi attraverso le audaci prospettive immobili nel tempo di Francesco Campese. Pittura che trova espressione linguistica nei volti trasfigurati di Antonio Russo, vivendo del cromatismo orgiastico e delle forme plastiche di Roberto Farinacci, per poi diluirsi nel fluttuante universo pittorico di Mattia Arduini e riprendendo corpo con il descrittivismo melanconico evocato da Carlos Atoche. A cui si aggiungono le atmosfere di Luis Alberto Cutrone, l’ultimo elemento arrivato a completare il mosaico artistico di uno studio in perenne trasformazione. Capace di inventarsi teatro di jam-session musicali, galleria raffinata o ritrovo per una serata in cui consumare un Bukowski, bere un bicchiere di vino, parlare del mondo. E, tutto intorno, nient’altro che una straordinaria, aggressiva bellezza»
(Matteo Pinci, la Repubblica).
Antonio Russo (Lanciano 30 luglio 1983), a 12 anni inizia gli studi di musica e a 17 anni consegue il diploma di solfeggio. È questo il periodo del cambiamento, dalla musica alla pittura: terminato l’istituto d’arte con soli due quadri all’attivo, s’iscrive all’Accademia di Belle arti di Roma. Consegue il diploma e la laurea specialistica con il massimo dei voti e inizia un percorso di maturazione artistica ancora in continuo divenire. Selezionato per diversi concorsi pittorici e mostre (ultima a Montecitorio il 17 dicembre scorso). Da più di tre anni continua a vivere a Roma condividendo uno studio di pittura al Pigneto insieme ad altri sei artisti. Per lui dipingere «è come viaggiare con una navicella spaziale».