C’era una volta un grande borgo, poco distante dalla Val di Sangro, che si guadagnò l’appellativo di “capitale del mondo”. Un titolo altisonante, certo, ma non del tutto campato in aria: chi arrivava trovava un centro vivo, ricco di commercio, negozi, attività, un ospedale funzionante e un senso di centralità che andava ben oltre i confini della provincia.
Poi, lentamente, qualcosa si è inceppato. Il borgo ha iniziato a perdere colpi, e non per colpa di misteriose congiunzioni astrali, ma per una serie di scelte (o non-scelte) che oggi paghiamo a caro prezzo.
L’ospedale che poteva essere e non fu
L’ospedale, un tempo riferimento di qualità, oggi annaspa. Più che curare, sembra aver bisogno di cure. L’idea di trasferirlo nella Val di Sangro – posizione strategica, bacino d’utenza in crescita – non fu mai davvero presa in considerazione. Perché? Perché avrebbe fatto perdere voti. E i voti, si sa, valgono più dei reparti funzionanti. Risultato: il borgo conserva un ospedale centrale solo sulla carta, ma non nei servizi.
Il commercio e i supermercati
Altro capitolo dolente: il commercio. Una volta le sue strade erano “la città dello shopping” per l’intera zona. Oggi, invece, i supermercati e i centri commerciali hanno cannibalizzato il tessuto delle botteghe. Le serrande abbassate raccontano la storia meglio di qualsiasi statistica. E non serve un economista per capire: quando si autorizza tutto senza criterio, si svuota il cuore di un borgo per riempire parcheggi anonimi in periferia.
Le amministrazioni: miopia o cecità?
Da anni si susseguono giunte che promettono rilancio e invece si limitano a rincorrere emergenze. Qualcuno direbbe “amministratori miopi”, ma la miopia si corregge con un paio di occhiali. Qui siamo alla cecità volontaria, quella che preferisce non vedere pur di non scontentare. L’importante era conservare “la manciata di voti”, anche se questo significava sacrificare lo sviluppo.
Capitale di contrada
Così oggi il borgo non è più il centro che attirava, ma quello da cui si scappa. I giovani se ne vanno, il lavoro latita, i servizi arrancano. E l’etichetta “capitale del mondo” suona come un’eco lontana, quasi ridicola. Più realistico parlare di “capitale di contrada”, e neppure tra le più floride.
Eppure, paradossalmente, questa decadenza non suscita scandalo: sembra quasi normale che un centro con secoli di storia e potenzialità enormi finisca relegato a un ruolo marginale.
Un monito (non solo per un borgo)
Il latino ci offre la sintesi: “Ab capitale orbis ad capitale pagi”. Un salto indietro che non è solo questione di economia, ma di mentalità. Perché quando una comunità si accontenta di poco, quando la politica pensa al domani solo in termini elettorali, allora sì: il destino è la contrada, non il mondo.
Ma c’è ancora spazio per invertire la rotta. Servono visione, coraggio e cittadini che non si accontentino di elemosine politiche. Perché un borgo con questa storia non è nato per essere margine, ma centro.
E allora, con un po’ di satira e molta serietà, il monito finale non può che essere in latino:
“Ne fiat urbs pagus: non meretur.”
(Che la città non diventi villaggio: non lo merita).